Ennesimo disastro dovuto al crollo di un bacino di decantazione
Jagersfontein, cittadina mineraria in Sudafrica, è stata travolta domenica 11 settembre 2022 da una colata di fango sprigionatasi a seguito del crollo di un bacino di decantazione a servizio di una miniera di diamanti. Il bilancio provvisorio parla di un morto, quaranta feriti e oltre 100 case distrutte.
Un secondo crollo si è verificato nella serata del 27 settembre. Le notizie circa questo secondo crollo sono ancora frammentarie; certo è che la miniera di diamanti era chiusa fin dai primi anni ’70 del secolo scorso e che una nuova società subentrata nella proprietà della miniera e della discarica stava recuperando una minima quantità di diamanti dai fanghi sterili depositati in discarica, senza depositare poi in sicurezza gli sterili di seconda lavorazione.
Quello di Jagersfontein è il disastro numero 106 dopo quello del 19 luglio 1985 in Val di Stava allorché una colata di fango di circa 180 mila metri cubi sprigionatasi a seguito del crollo dei bacini di decantazione a servizio della miniera di fluorite di Prestavèl percorse la Val di Stava alla velocità di 90 chilometri orari uccidendo 268 uomini, donne, ragazzi e bambini e provocando ingenti danni materiali e ambientali.
La causa del susseguirsi di crolli in discariche di miniera – sottolinea in una nota la Fondazione Stava 1985 – è da ricercarsi anche nel fatto che il materiale depositato in discarica è rifiuto della lavorazione, rifiuto che non dà profitto ma costituisce solo un costo per l’impresa.
Partendo da questa considerazione Fondazione Stava 1985, ISPRA Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, GEAM Associazione Georisorse e Ambiente, ANIM Associazione Nazionale Ingegneri Minerari e AGI Associazione Geotecnica Italiana organizzano un convegno per affrontare gli aspetti economici, normativi, tecnici e scientifici relativi alle discariche di miniera, lanciando la sfida di un cambio di paradigma degli “scarti di miniera da rifiuto a risorsa”.
Solo tenendo presente il fatto che in generale le imprese tendono a massimizzare il profitto e a minimizzare i costi, si può capire perché da quel tragico 19 luglio 1985 si contano nel mondo, dopo quello di Stava, 106 incidenti rilevanti in discariche di miniera, cinque nel corso del 2022, con migliaia di morti e danni immensi all’ambiente. Fra gli incidenti più recenti preoccupano in modo particolare quelli avvenuti in discariche abbandonate a seguito di forti piogge, il che deve suscitare allarme alla luce dei cambiamenti climatici in atto che comportano fenomeni meteorici sempre più intensi, violenti e concentrati.
Il problema si pone anche nel nostro Paese dove, secondo i dati dell’Inventario nazionale delle strutture di deposito di rifiuti estrattivi chiuse o abbandonate effettuato da ISPRA si contano 650 strutture di deposito chiuse, incluse quelle abbandonate “che hanno gravi ripercussioni negative sull’ambiente o che, a breve o medio termine, possono rappresentare una grave minaccia per la salute umana o l’ambiente”.
Ma al di là del problema della sicurezza statica, sanitaria e ambientale delle discariche di miniera, si pone oggi, alla luce del nuovo panorama geo-politico internazionale, la necessità di pensare al riutilizzo degli scarti di miniera dai quali è possibile recuperare importanti quantità di minerali e/o metalli economicamente utili.
Di questo e d’altro ancora si discuterà nel corso della “due giorni” che si terrà a Stava, teatro del più grave incidente minerario avvenuto in Italia, uno dei più gravi al mondo causati dal crollo di discariche di miniera, nei giorni 6 e 7 ottobre 2022 nell’ambito delle iniziative per celebrare il trentacinquesimo anniversario +2 della catastrofe di Stava.
Nelle foto: Jagersfontein, Free State, Sudafrica, domenica 11 settembre 2022.