Così, si chiamavano
Si fa presto, oggi, vent’anni dopo, a ridire Stava.
Ma ci dovrebbe tremar la voce, a ripetere o riascoltare quel nome. È stata una strage degli innocenti. È stata un’ecatombe di famiglie. Si fa a presto a dire: 268 vittime. Si fa presto a dimenticarle: sono già passati vent’anni.
Ma provate a scriverli, 268 nomi, cognomi, età e luoghi di residenza. La mano si stanca, il cuore si commuove a rileggere, soprattutto i più piccoli e i più vecchi, quelli più fragili, meno esperti o troppo stanchi: Lorenzo, 11 anni; Giovanni, 10 anni; Felicita, 83 anni; Alice, 3 anni; Anna, 83 anni; Riccardo, 10 anni; Elisabetta, 8; Sara, 1 anno; Cristina Laura, 8 anni; Stefano, 9; Tommaso, 6; Emanuele, 2 anni; Cristina, 9; Ilaria, 4; Massimo, 6; Laura, 2 anni; Marco, 4; Massimo, 9; Giovanni, 83 anni; Matteo, 3 anni; Lucia, 8 mesi; Bruno, 83 anni; Giuseppa, 79; Massimo, 5 mesi; Pasquale, 84 anni; Emanuele, 1 anno; Filippo, 8 anni; Giorgio, 8; Edoardo, 9 mesi; Alessandro, 10 anni; Stefano, 10; Daniele, 3; Elena, 7; Raffaele, 5; Riccardo, 10 anni; Maria Grazia, 9; Patrizia, 1; Erica, 8 anni; Agnese, 83 anni. E poi tutti gli altri.
Erano mariti e mogli, padri e madri, figli e figlie, nonni e nipoti, zii e cognati. Erano famiglie italiane qualunque: quelle brianzole, o milanesi, o reggiane, o venete, o romane, o marchigiane in vacanza; erano gli operai trentini o le cameriere sarde che stavano lavorando lassù; erano i teserani che avevano gli alberghi o le case spazzate via.
Rileggiamoli, oggi, tutti quei nomi. Ci sono quelli demodé degli anziani (da Desdemona a Colomba), ci sono quelli dei figli degli anni Ottanta: i Marco, i Massimo, le Ilaria, le Erica. Ci sono i nomi nostri, quelli di tutte le nostre famiglie. C’è tutto un microcosmo di Italia inghiottito e spazzato via.
E siccome ai morti non si può chiedere scusa, il Trentino – oltre a celebrare giustamente i soccorritori – deve chiedere perdono ai familiari di quelle 268 persone spazzate via dal piccolo grande orrendo tsunami montanaro originato dall’insipienza umana: degli industriali che sfruttavano la miniera e degli amministratori e dei funzionari che non controllavano, di chi chiuse gli occhi, di chi non capì, di chi sottovalutò i segnali di pericolo.
Sì, torniamo a chiedere perdono a chi vive con l’offesa di una morte assurda. E torniamo a fare memoria dei loro nomi. Dei bambini e dei vecchi già nominati e di tutti gli altri cancellati dal fango.
Si chiamavano: Claudina, Vitale, Salvina, Felice, Armando, Renata, Roberto, Marina, Michele, Antonia, Carmela, Francesco Vito, Rosa, Luciana, Giovanni, Cesare, Renata, Natalina, Angelo Emilio, Giuseppe, Carla, Fausto, Pierangela, Celeste, Roberto, Marisa, Riccardo, Mara, Claudio, Luciana, Michelina, Tullio, Enzo, Cesira, Andrea, Agostino, Ottavia, Arturo, Elide, Maria Assunta, Maria, Renata, Giuseppe, Davide, Adriano, Angela, Anna, Giancarlo, Teresa, Deborah, Ennio, Maria, Irlanda, Lanfranco, Maria Enrichetta, Francesco, Valentina, Antonietta, Silvana, Colomba, Alcide, Norma, Andreana, Carlo, Claudio, Lucio, Maria Clementina, Giovanni, Maddalena, Manuela, Paolo Maria, Davide Maria, Giuseppe, Livia, Donato, Patrizio, Fabio Massimo, Gabriella Gemma, Marzio, Maria Grazia, Andrea, Massimo, Federico, Anna Maria, Armando, Valter, Rosella, Carlo, Maria Agnese, Giovanna, Rosanna, Maria Rosa, Matteo, Eliana, Giuseppe, Giovanna, Stefano, Maria Pasqua, Wanda, Anna, Alessandro, Giulio, Cesare, Kurt, Geltrude, Lucy, Olga, Rinaldo, Lucia, Andrea, Renzo, Lidia, Rossella, Wilma, Vera Rosaria, Gaetano Giuseppe, Elodia, Maria Luigia, Rosa, Iole, Nella, Adele, Fernanda, Athos Carlo, Elda, Antonio, Marcello, Ernesta, Liana, Luciano, Maria, Mario, Dolores, Giuseppe, Giuliano, Sandra, Ignazio, Enza, Mario, Lilliana, Lucia, Ottorino Salvatore, Laura Giuseppina, Fiorella, Clara, Maria Grazia, Stefano, Guido, Desdemona, Antonietta, Paolo, Valentino, Anna, Luigina, Rolando, Giuliana, Sandro, Alda, Aldo, Italia, Bruna Virginia, Michela, Mario, Giuseppina, Ciro, Virginia, Maria Rosaria, Mariano, Santa, Alessandra, Guido, Maria Chiara, Andrea, Emilio, Matilde, Aldo, Santina, Arturo, Maria, Arrigo, Alessandro, Noemi, Elsa, Amos, Luciana, Pasqua, Anna Maria, Clementina, Angela, Claudio, Anna, Luigi, Romana, Nicola, Ida, Ulisse, Olimpia, Maria, Rita, Adriano, Giacomino, Margherita, Mario, Cecilia, Severina, Alessandro, Franca, Luigi, Caterina, Maria Grazia, Egidio, Maria, Adriano, Paola, Leonardo, Gilberto, Doriana, Ivana, Clementina, Gianfraco, Rita, Paolo, Elvira, Giuliana, Enrico, Lorenzo, Massimiliano, Paolo, Silvia Maria.
Vite ingoiate dal fango. Nomi da non abbandonare nel buio. Così, si chiamavano.
Paolo Ghezzi è stato direttore del Quotidiano “L’Adige” dal 1998 all’ottobre 2006.
Ha scritto questo articolo nel Ventennale della catastrofe di Stava.