Il crollo della discarica mineraria di Baia Mare – 2000
Alle ore 22 del 30 gennaio 2000 una breccia apertasi nel rilevato arginale del bacino per sterili della miniera Aurul presso la città di Baia Mare (distretto di Maramures – Romania) causò il riversamento di circa 100.000 metri cubi di acqua e fanghi ricchi di cianuro nel sistema fluviale circostante.
Si è valutato che un quantitativo di 50-100 tonnellate di cianuro di sodio si sia diffuso nei fiumi Somes, Tibisco e Danubio per poi raggiungere il Mar Nero.
La società Aurul S.A. è una compagnia per azioni di proprietà congiunta dell’australiana “Esmeralda Exploration Ltd.” e della romena “Compania Nationala a Metalelor Pretiosasi si Neferoase”, fondata nel 1992.
Questa compagnia tratta sterili solidi provenienti da precedenti processi minerari per recuperare metalli preziosi, in particolare oro e argento.
Nel 1997, dopo avere ricevuto l’autorizzazione necessaria da parte del Ministero dell’Ambiente, si diede inizio alla costruzione di un nuovo impianto che fu completato nel 1999 presso Baia Mare.
Nello stesso anno, in seguito alla presentazione di una valutazione di impatto ambientale, venne messo al servizio del nuovo impianto di trattamento minerario un vecchio bacino di decantazione per sterili di miniera costruito 30 anni prima (bacino di Meda) in prossimità di un’area residenziale.
L’incidente fu descritto dalla stessa Aurul S.A. nel modo seguente: in seguito a condizioni meteorologiche estreme (ghiaccio e neve sulla superficie dell’invaso, elevate precipitazioni di 36 litri/m2), gli sterili che costituivano l’argine interno del rilevato si impregnarono d’acqua, compromettendo la stabilità dell’argine stesso.
In un primo tempo si verificò la tracimazione della parte sommitale del rilevato che, in breve, portò all’apertura di una vera e propria falla lunga circa 23 m.
Attraverso questa breccia oltre 100.000 metri cubi di acque ricche di cianuro fuoriuscirono dall’invaso prima che si potesse intervenire.
Le fasi dell’incidente
- rottura della sommità dell’argine in seguito a tracimazione causata da piogge torrenziali e scioglimento di neve;
- fuoriuscita di circa 100.000 metri cubi di acque e fanghi altamente contaminati da cianuro e metalli pesanti;
- grave inquinamento dei fiumi Somes e Tibisco;
- contaminazione dell’acqua potabile in 24 diverse località e interruzione dell’erogazione di acqua potabile per 2,5 milioni di persone;
- massiccia moria di pesci e distruzione di diverse specie acquatiche in tutto il bacino del Tibisco;
- gravissimo impatto sulla biodiversità, gli ecosistemi fluviali, l’erogazione di acqua potabile e le condizioni socioeconomiche della popolazione;
- elevati costi degli interventi di decontaminazione.
Le possibili cause del disastro
La falla nell’argine del bacino fu probabilmente causata da una combinazione di inadeguatezze intrinseche nel progetto e nella realizzazione dell’opera, di condizioni operative non previste e di una situazione meteorologica particolarmente avversa.
I bacini di decantazione al servizio di miniere attive sono in continuo accrescimento man mano che nuovo materiale solido di scarto viene depositato nell’invaso che deve ospitare volumi sempre crescenti di acqua e di fanghi, oltre gli afflussi diretti delle precipitazioni.
A parte i doverosi controlli riguardanti il livello dell’acqua nell’invaso durante precipitazioni intense, la sicurezza degli argini dipende dal costante equilibrio fra l’altezza del rilevato e il livello dell’acqua nell’invaso.
Nel caso del bacino di Aurul a Baia Mare, gli argini crescevano invece più lentamente del progressivo aumento del livello dell’acqua per cui si è determinata una condizione di “acqua alta”, molto pericolosa per la stabilità di queste strutture geotecniche.
Mancavano inoltre le comuni attrezzature di cantiere, quali pompe, per fare fronte a imprevisti afflussi di acqua nel bacino.
Le sfavorevoli condizioni climatiche hanno ulteriormente aggravato la situazione, determinando un aumento incontrollato dell’afflusso di acqua e, infine, la tracimazione dell’argine.
La compagnia fece fronte all’incidente riparando la falla con materiali inerti disponibili in zona e immettendo ipoclorito di sodio all’interno del bacino e nell’area interessata dalla tracimazione per neutralizzare il cianuro.
Ciò nonostante, una gran quantità di effluenti altamente contaminati riuscì a fuoriuscire prima che la falla potesse essere riparata.
Secondo le norme del Ministero Rumeno dei Lavori Pubblici riguardanti gli standard costruttivi, l’impianto e l’annesso invaso erano classificati di “importanza normale”, vale a dire non richiedevano l’obbligo di effettuare specifiche attività di sorveglianza e monitoraggio.
Pertanto, dal punto di vista delle autorità competenti, l’impianto aveva ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie per essere pienamente operativo.
L’analisi dei dati raccolti e delle perizie post-disastro inducono a ritenere che questo incidente sia stato causato da una serie di fattori, fra i quali:
- inadeguatezze del progetto dell’intero sistema (condizioni di stabilità degli invasi per sterili e processi di trattamento del cianuro) della miniera Aurul, specialmente per quanto concerne le misure di sicurezza in caso di condizioni operative anomale;
- termini di concessione dell’impianto incompleti e inappropriati, sistemi di monitoraggio e di ispezione inadeguati;
- carenze manutentive nella gestione dell’impianto, soprattutto contro i rischi di straripamento e riversamento, e in termini di risposta efficiente in caso di emergenza.
Links:
www.mineralresourcesforum.org/incidents/BaiaMare/
Cronologia dei principali crolli di discariche minerarie
Photo: Délmagyarország/Karnok Csaba, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons