Crolli di discarica di miniera – Un trend in crescita
Una semplice analisi circa il numero degli incidenti rilevanti in discariche di miniera (crolli totali, come quello del bacino di decantazione Fundão a monte di Bento Rodrigues in Brasile, o crolli solo parziali, come quello del bacino di decantazione nei pressi di Merriespruit in Sud Africa) ci fa capire che il fenomeno è in crescita.
Mentre negli anni dal 1961 (da quando cioè è iniziata la rilevazione sistematica degli incidenti rilevanti in discariche di miniera) al 1971 si sono contati 22 incidenti rilevanti, con una media di 2,2 incidenti all’anno, negli anni dal 2009 al 2019 si sono contati 36 incidenti rilevanti, con una media di 3,6 incidenti all’anno.
E che negli ultimi anni questo trend sia in forte crescita lo testimonia il fatto che, se nel 2009 si sono contati 3 incidenti (fra questi il crollo catastrofico del bacino di decantazione di Ajka e monte degli abitati di Kolonár e Devecser in Ungheria), nel 2019 gli incidenti rilevanti sono stati 6 (fra questi il crollo catastrofico del bacino di decantazione Córrego de Feijão a monte dell’abitato di Brumadinho in Brasile).
Per comprendere il fenomeno occorre aver ben presente il fatto che, a differenza delle strutture di produzione (si pensi alle dighe per la produzione di energia elettrica, ai bacini di ritenuta dell’acqua per irrigazione o ai bacini per l’innevamento artificiale), le discariche di miniera sono strutture di deposito di rifiuti: esse non generano utile ma sono un costo per l’impresa che non ricava profitto alcuno nell’investire in queste strutture.
Le discariche di miniera sono inoltre strutture in fieri, che crescono con il procedere dell’attività estrattiva, e che molte volte vengono alimentate oltre misura. Le società minerarie, infatti, si trovano spesso a dover decidere se impostare una nuova discarica o continuare ad alimentare quella già in esercizio senza avere informazioni precise sulla quantità di minerale ancora presente in miniera e sulla convenienza economica nel proseguire la lavorazione per un lungo periodo.
La decisione circa l’opportunità di cessare di alimentare una discarica in esercizio e impostare una nuova discarica viene così spesso rimandata e si continua ad alimentare discariche che dovrebbero invece essere chiuse e messe in sicurezza.
È quanto avvenuto per i bacini di decantazione a monte di Stava: l’argine del primo bacino avrebbe dovuto avere un’altezza massima di 9 metri e ha raggiunto l’altezza di 25 metri; giacché la miniera sembrava esaurita, il secondo bacino di decantazione era stato impostato per depositarvi gli sterili residuati della seconda lavorazione dei fanghi contenuti nel primo bacino ma è stato alimentato invece con gli sterili di prima lavorazione di tout-venant di nuovo rinvenimento e di tout-venant proveniente da altre miniere. Al momento del crollo la discarica aveva un’altezza complessiva di circa 60 metri.
Ciò premesso, si ritiene che il controllo da parte delle pubbliche autorità su queste strutture di deposito di rifiuti dovrebbe essere più attento e severo rispetto al controllo sulle strutture di produzione per le quali è l’impresa, in primo luogo, ad avere interesse che la sicurezza dell’impianto sia garantita.
La consapevolezza di svolgere un’attività pericolosa dal punto di vista sanitario e ambientale e del rischio, sempre presente, di possibili cedimenti strutturali in queste strutture che sono caratterizzate dal pericolo potenziale costituito dal loro contenuto fangoso e che assumono dimensioni considerevoli, dovrebbe muovere inoltre le società minerarie a mettere in atto misure concrete di attenuazione e prevenzione del rischio.
Una misura concreta è certamente quella di trattare i fanghi di risulta delle lavorazioni minerarie con le apparecchiature di filtrazione meccanica con recupero dell’acqua di processo che sono oggi disponibili e che permettono il deposito dei rifiuti in sicurezza.
Pur essendo maggiore rispetto al costo del deposito in bacino di decantazione, il costo del trattamento degli sterili con sistemi di filtrazione meccanica e il loro deposito in sicurezza è immensamente inferiore rispetto al costo del risarcimento del danno e del ripristino ambientale.
In un’analisi costi/benefici globale di tipo strategico è dimostrato che nel lungo periodo l’uso di sistemi di filtrazione meccanica è di gran lunga più conveniente rispetto all’uso dei bacini di decantazione.
Un’altra misura concreta potrebbe realizzarsi con la copertura assicurativa delle discariche di miniera che non solo garantisce certezza e tempi brevi nella liquidazione di eventuali danni, ma che genera soprattutto controlli che rispondono a un interesse economico diverso e contrastante con quello della società controllata e che risultano quindi molto efficaci.
Giacché questa consapevolezza manca in generale da parte delle società minerarie (lo stanno a dimostrare i 120 incidenti rilevanti in discariche di miniera rilevati dal 1961 a oggi) si ritiene che obbligare le società concessionarie a dotare le proprie discariche di copertura assicurativa possa contribuire a generare controlli efficaci e a garantire maggiore sicurezza.
Non va sottaciuto a questo riguardo che sia l’acqua necessaria per la lavorazione del tout-venant di miniera, sia le stesse risorse minerarie sono beni pubblici. Un obbligo siffatto potrebbe quindi essere previsto nell’atto di cessione in concessione dello sfruttamento sia dell’acqua che delle risorse minerarie.
Aprile 2020