4. Giorgio Berti, Josef Brauns, Daria Dovera, Rinaldo Genevois & Floriano Villa (1987)
Il crollo dei bacini di Stava nel Trentino: esame delle cause e proposte metodologiche di prevenzione. “Terra”, n. 4, pp. 5-9, Pàtron Editore, Bologna.
© Pàtron Editore Bologna, Italy
Riassunto
Il crollo dei bacini di decantazione della miniera di fluorite di Prestavel, presso Stava di Tesero (Trentino) il 19 luglio 1985, causò danni ingentissimi lungo tutta la vallata e la morte di 269 persone, delle quali 23 risultarono disperse e 47 non poterono essere identificate[1].
Fra le tecniche costruttive utilizzate per l’accrescimento dei rilevati arginali che sostengono i bacini di decantazione, a Prestavel venne prevalentemente impiegato il metodo “a monte”, che ha una buona economicità ma che, nel contempo, a causa dell’inaffidabilità del sistema stesso di accrescimento, presenta gravi rischi che si aggravano con l’aumentare dell’altezza dell’argine.
Dopo avere ricostruito la storia dei rilevati arginali di Prestavel, l’articolo si sofferma sulle gravi carenze conoscitive riguardanti le caratteristiche geologiche, idrogeologiche e geotecniche dell’area scelta per la costruzione degli invasi. Il crollo fu causato dalla non idoneità del sito di costruzione, dall’instabilità congenita del bacino superiore, dall’errato sistema di accrescimento e da controlli superficiali e inadeguati. Il disastro di Stava viene inoltre discusso sulla base del sistema giuridico-amministrativo italiano, riguardante i rilevati arginali di miniera, e in merito allo “stato dell’arte” di queste strutture, suggerendo alcune proposte metodologiche per evitare simili tragici eventi.
[1] I soccorsi furono immediati ed efficienti ma pochissimi furono i feriti (solo 15) e le persone estratte vive dalle macerie: la violenza e la velocità della colata di fango non aveva concesso scampo. 267 morirono sul colpo; una ragazza, estratta ancora in vita dalle macerie di uno degli alberghi di Stava, sopravvisse per pochi giorni. Il numero esatto dei morti del disastro di Stava (268) fu accertato solo un anno dopo la catastrofe. Molte salme infatti non poterono essere riconosciute e fu quindi necessario ricorrere alla dichiarazione di morte presunta. Per rilasciare un certificato di morte presunta la legge prevede una prima dichiarazione di scomparsa e, trascorsi 5 anni, la successiva dichiarazione di morte presunta. Nel caso di Stava il periodo necessario per la dichiarazione di morte presunta venne ridotto con decreto legge da 5 anni a 1 anno (decreto legge n. 480 del 24 settembre 1985, convertito nella legge n. 662 del 21 novembre 1985). Nel primo anno successivo alla catastrofe il numero delle vittime fu quindi quello delle salme riconosciute (197) più quello delle dichiarazioni di scomparsa (72) = 269. Un anno dopo il disastro fu possibile avere il numero esatto delle dichiarazioni di morte presunta che risultarono essere 71. Da questo elenco venne infatti depennata la dichiarazione di scomparsa di un cittadino francese del quale non fu poi accertata la morte presunta [N.d.R.].